Skip to content Salta alla barra laterale Skip to footer

Curiosità: BIANCA LANCIA

LA DONNA CHE RUBO’ IL CUORE DELL’IMPERATORE FEDERICO II

Molte sono le leggende che narrano dell’amore tra Federico II di Svevia e Bianca Lancia, donna di rara bellezza che rese di lei geloso l’imperatore, conosciuto come “Stupor Mundi”.
Tanti, inoltre, sono i misteri, le narrazioni storiche e le ipotesi che hanno come protagonista la figura di Bianca Lancia.
Il nome reale della nobil donna del XIII secolo potrebbe essere “Bianca Lanza” o “Bianca D’Agliano”; ella nacque ad Agliano Terme nel 1210 circa da Bonifacio I, conte di Agliano e Mineo nonché signore di Paternò, e da sua madre Bianca Lancia anch’essa, la quale fu probabilmente figlia di Manfredi I Lancia, marchese di Busca e trovatore occitano.
A mettere in relazione Bianca Lancia con la dinastia dei signori di Agliano sono alcune fonti di poco più tarde, precisamente del XIV secolo.
Tuttavia, altre ipotesi storiche collocano Bianca Lancia, donna amata da Federico II, nell’albero genealogico della famiglia Maletta, famiglia ghibellina piemontese.
Non mancano inoltre fonti che affermano, circa le origini della donna, che ella fosse figlia di Manfredo Lancia, scudiero che in gioventù era stato al cospetto dell’imperatore.
Le cronache storiche coeve sono perlopiù incomplete e ci forniscono notizie indirette che permettono agli adetti ai lavori di tentare una ricostruzione dei fatti quanto più fedele possibile: è questo il caso, ad esempio, degli “Annali del Caffaro”, conosciuti anche con il nome di “annali genovesi” di Bartolomeo Scriba che su Bianca Lancia riferiscono soltanto “ex filia domine Blanche filie quondam marchionis Lancie”; Tosco, invece, ripete che Manfredi fu generato “ex sorore marchionis Lancee, que filia domne Blance fuit”.
Secondo il genealogista sei XVII secolo, Filadefo Mugno, Bianca Lancia sarebbe figlia di Corrado Lancia dei duchi di Baviera e sorella del noto Galvano Lancia, barone di Longi, catturato durante la celebre battaglia di Tagliacozzo e giustiziato a Napoli assieme al figlio Galeotto per aver servito fino alla fine l’ultimo imperatore della dinastia dei Hohenstaufen, Corradino.
Sull’incontro tra Bianca Lancia e Federico II le notizie sono incerte: secondo alcune fonti i due si incontrarono in Sicilia, ove la famiglia d’Agliano si era trasferita; altri autori narrano, invece, che l’imperatore incontrò la bellissima donna a Lagopesole o a Brolo mentre, altri storici, ricollegano il momento alla città natià di Bianca, sostenendo che il sovrano del Sacro Romano Impero incrociò il suo sguardo proprio nel comune della provincia di Asti, in Piemonte e, solo successivamente le famiglie Lancia e d’Agliano si sarebbero trasferita nel Meridione della Penisola.
Secondo quest’ultima narrazione storica, Federico II di Svevia – rientrato dalla Palestina – soggiornò proprio ad Agliano ove conobbe la donna che lo farà innamorare.
Non potento contrarre matrimonio, Bianca Lancia mantenne una relazione clandestina con il suo Imperatore per circa vent’anni, dal quale in seguito ebbe tre figli: Costanza (1230-1307) che andò in sposa all’Imperatore di Nicea, Giovanni Ducas Vataze; Manfredi di Hohenstaufen (1232-1266) il quale fu l’ultimo sovrano della dinastia sveva incoronato il 10 agosto 1258, il quale era già principe di Taranto e conte di Matera che fu coniugato dapprima alla regina consorte di Sicilia, Bearice di Savoia e, successivamente, con Elena Ducas; Violante di Svevia (1233-1264), principessa data in sposa al conte di Caserta, Riccardo Sanseverino la cui cerimonia di matrimonio fu officiata presso l’affascinante Castel del Monte, sito ad Andria.
Dopo la morte di Isabella d’Inghilterra (1241), terza moglie di Federico II, l’Imperatore fece dono a Bianca del Castello di Monte Sant’Angelo (Foggia) con “l’Honor Montis Sancti Angeli”, documento nel quale si trova anche l’eredità lasciata da Federico II a Manfredi di Svevia, erede legittimo posto in linea di successione dopo i fratelli Corrado ed Enrico.
Come per la discendenza, molti sono i dubbi esistenti relativi alla storia d’amore che è, ancor ‘oggi, ricordata come le più affascinanti dell’epoca medievale: secondo alcuni storici, Federico II non sarebbe mai convolato a nozze con l’amata Bianca Lancia seppure, alcuni studiosi tra i quali si annovera Nicolò Jamsilla, sosterebbero che l’Imperatore della dinastia Normanno-Sveva e la madre dei suoi tre figli, sarebbero stati già congiunti in matrimonio dapprima del concepimento della loro figlia Costanza; secondo lo storico, inoltre, Manfredi -come si evince dall’Honor Montis Sancti Angeli, dodario tradizionale delle regine di Sicilia sin da Guglielmo II – risulterebbe figlio legittimo nel documento delle volontà testamentarie lasciate da Federico II, seppure nell’atto di matrimonio di Manfredi con Beatrice di Savoia, egli sarebbe indicato con il cognome “Lancia”: ciò fa dedurre, dunque, che il matrimonio tra Federico II e Bianca Lancia sia postumo a quello di suo figlio Manfredi il quale fu già nominato principe di Taranto – con le contee di Gravina, Tricarico e Montescaglioso che lo rendevano signore del maggior feudo del Regno.
Si narra, nel folklore e in piccole ricostruzioni dei fatti storici che i due, tuttavia, si sposarono quando ella – sul letto di morte – le chiese di riconoscere i figli che erano stati concepiti e dati alla luce nell’amore: Costanza, Manfredi e Violante.
Tuttavia si racconta che ancor ‘oggi, dalla Torre Imperatrice del Castello di Gioia del Colle – ove Bianca Lancia fu rinchiusa per la gelosia provata dal suo amante e con l’accusa di tradimento – nelle notti di luna piena ancora possono udirsi i flebili e disperati lamenti della donna, che protesta all’ingiustizia subita, proclama la sua innocenza, la sua fedeltà ed il suo amore per Federico II.
Secondo alcuni storici, nel 1246 Federico, vedovo di Isabella, si trasferì da Foggia al castello di Gioia del Colle dove Bianca Lancia, assai sofferente, le chiese di legittimare i loro figli: l’Imperatore, a quel punto, commosso dalla richiesta e dalla precaria condizione di salute della donna amata, non solo riconobbe i tre figli generati ma sposò Bianca Lancia, rendendola imperatrice seppure per poco tempo.
Secondo quanto scritto, invece, nella Cronica dello storico del XIII secolo, Fra Salimbene de Adam da Parma, i desideri di Bianca Lancia furono accontentati solo quando Federico II fu in punto di morte, dunque alla fine della prima metà del XIII secolo: egli afferma “Manfredus, filius Friderici ex alia uxore, que marchionis Lancee neptis fuit, et eam in obitu desponsavit et accepit uxorem”.
Matthew Paris, monaco benedettino inglese, cronista e miniaturista vissuto nel XIII secolo, affermerebbe nella Chronica Majora che dopo quasi vent’anni di amore clandestino Bianca, per amore di suo figlio e per la salvezza della sua anima avrebbe chiesto a Federico II di sposarla, ottenendo il suo consenso:
“ Contigit enim, quod, iam circiter viginti anni elapsit, mater ipsius Memfredi graviter infirmata, vocavit ipsium Frethericum imperatorem, ut misertus illius pro Deo ipsam visitare non dedignaretur; credebatur namque in proximo moritura. Et cum venisset imperator, ait ei mulier iunctis palmis, et abortis lacrimis cum singultibus: “Domine, miserere mihi, miserere mihi in proximo moriture et succurre periture! De periculo corporis mihi formidandum est, sed multo magis sollicitor de pericolo anime iminenti. Habes namque filium quendam naturalem Memfredum, quem tibi genui, Placeat igitur tibi me desponsare, ut et ille Memfredus legitimetur, et anima mea a periculo liberetur!” Inclinatus est igitur precibus supplicantis et ipsam sibi matrimonio copulavit.”
Dell’amore provato da Federico II di Svevia per la nobildonna, sua “favorita” Bianca Lancia vi è un sigillo poetico: lo Stupor Mundi, infatti, dedicò alla sua amata i versi delle poesie intitolate “De la mia disianza” e “Poi ch’a voi piace, amore” il cui testo è il seguente:

Poi ch’a voi piace, amore,
che eo degia trovare,
faronde mia possanza
ch’io vegna a compimento.
Dat’ agio lo meo core
in voi, madonna, amare,
e tutta mia speranza
in vostro piacimento;
e non mi partiragio
da voi, donna valente,
ch’eo v’amo dolzemente,
e piace a voi ch’eo agia intendimento.
Valimento – mi date, donna fina,
chè lo meo core adesso a voi si ‘nchina.
S’io inchino, rason agio
di sì amoroso bene,
ca spero e vo sperando
c’ancora deio avire
allegro meo coragio;
e tutta la mia spene,
fu data in voi amando
ed in vostro piacire;
e veio li sembianti
di voi, chiarita spera,
ca spero gioia intera
ed ò fidanza ne lo meo servire
a piacire – di voi che siete fiore
sor l’altre donn’ e avete più valore.
Valor sor l’altre avete
e tutta caunoscenza,
ca null’omo por[r]ia
vostro pregio contare,
che tanto bella sete!
Secondo mia credenza
non è donna che sia
alta, sì bella, pare,
nè c’agia insegnamento
‘nver voi, donna sovrana.
La vostra ciera umana
mi dà conforto e facemi alegrare:
s’eo pregiare – vi posso, donna mia,
più conto mi ne tegno tuttavia.
A tutt[t]or vegio e sento,
ed ònne gra[n]ragione,
ch’Amore mi consenti
voi, gentil criatura.
Già mai non n’ò abento,
vostra bella fazone
cotant’ à valimenti.
Per vo’ son fresco ognura;
a l[o]sole riguardo
lo vostro bello viso,
che m’à d’amore priso,
e tegnol[o]mi in gran bonaventura.
Preio à tuttura – chi al buon segnore crede
però son dato a la vostra merzede.
Merzè pietosa agiate
di meve, gentil cosa,
chè tut[t]o il mio disio
[ . . . . -ente];
e certo ben sacc[i]ate,
alente più che rosa,
che ciò ch’io più golio
è voi veder sovente,
la vostra dolze vista,
a cui sono ublicato,
core e corp’ ò donato.
A[l]ora ch’io vi vidi primamente,
mantenente – fui in vostro podere,
che altra donna mai non voglio avere.

Dell’amore tra la bellissima Bianca Lancia e Federico II si narra in molti castelli d’Italia: secondo il folklore, lo spettro della donna sarebbe ancora presente in alcuni manieri: oltre a quello di Gioia del Colle (Bari) la leggenda sopravvive presso il castello di Monte Sant’Angelo (Foggia) dove alcuni giurerebbero persino di aver visto una figura aggirarsi tra le antiche stanze medievali e di aver udito, all’interno delle torri o delle segrete, i lamenti disperati della donna la cui anima non trova pace per l’ingiustizia subita da parte di colui che in vita l’amò sino alla disperazione. Di quest’ultima leggenda e sui misteri che avvolgono la figura della nobildonna, genitrice di Manfredi di Svevia, si narra anche nel libro “Puglia – Misteri e Leggende”, edito da Artebaria Edizioni (2020) a cura dello scrittore e ricercatore del mistero, Mario Contino.